venerdì 31 dicembre 2010

Ogni 31 dicembre, a mezzanotte







Nella notte tra il 29 e il 30 agosto 1985 la Guardia Civil cercava il torero José Cubero "Yiyo" e il suo apoderado Tomàs Redondo, i quali erano sulla strada tra Calahorra e Madrid. La Guardia Civil li cercava per dir loro che Yiyo era ingaggiato per il giorno successivo a Colmenar Viejo, per toreare al posto di Curro Romero.
Quel domani a Colmenar Viejo il toro Burlero uccideva Yiyo con una cornata nel petto nello stesso istante in cui Yiyo lo stoccava.
Una morte allo specchio.

Yiyo ebbe giusto il tempo di correre alle assi e di sussurrare al suo peone El Pali: "Pali, questo toro m'ha ucciso".

Il chirurgo dell'arena dirà che aveva il cuore apero come un libro.

José Cubero "Yiyo" sarà sepolto con il suo abito granata e nero al cimitero della Almundena a Madrid, dopo che la sua salma avrà fatto, a hombros, un giro d'onore nell'arena di Madrid, piena.

Tomás Redondo, di pena, si suiciderà qualche anno più tardi.

Fu Yiyo, l'anno prima a Pozoblanco, il 26 settembre, ad uccidere il toro Avispado, che aveva appena incornato mortalmente Paquirri in una corrida che col tempo sapremo, morte dopo morte, che trasudava tragedia.

Paquirri morto.
Yiyo morto.
Montoliu banderillero d'El Soro e presente a Pozoblanco questo 26 settembre, morto, ucciso da un toro a Siviglia nel 92.

Morto il picador del Solo, incidente d'auto.
Morto l'allevatore di Avispado, assassinato a casa propria.

Morto l'anestesista dell'arena e morto il cameraman che aveva filmato l'incidente di Paquirri.

A Pozoblanco Paquirri aveva occupato la camera 103 dell'hotel Los Godos.

Il 30 agosto 85 al mattino Yiyo dormiva nella camera 103 dell'hotel Palmi a Miraflores vicino a Colmenar.

Yiyo aveva 21 anni.

Ogni 31 dicembre a mezzanotte gli uomini della sua famiglia, suo padre e Juan e Miguel, i suoi due fratelli banderilleros, vanno a posare una coppa di champagne sul monumento che gli è consacrato davanti a Las Ventas a Madrid.

Yiyo, lo pseudonimo, è la traduzione della sua storpiatura di bambino, quando provava a pronunciare il suo nome: Joselito.


- Libera traduzione di un testo di Jacques Durand, Il cuore aperto come un libro, ripreso da Philippe Marchi per Campos y Ruedos.


(foto Ronda - Yiyo davanti a Las Ventas)

martedì 28 dicembre 2010

La letterina


Caro Babbo Natale,
il grosso dovrebbe essere passato e un paio di giorni di riposo li hai avuti, quindi ora tocca a me scriverti la letterina. Tra l'altro la Befana ormai si sarà messa in moto, potreste anche unire le forze, perché no.
Per semplificarti il lavoro ti faccio qualche richiesta che a naso può andare bene anche per conto di qualche amico, direi che dovrei essere in grado di farlo.

Dai un occhio se ti è rimasto qualcosa in fondo al sacco, lì dietro sulla slitta, per me e per noi.
Per l'anno prossimo.
Tori, per l'anno prossimo vogliamo dei tori. Tanti tori. Tori selvaggi, di quelli che guardi negli occhi nei recinti e hai un brivido di paura, di quelli che quando entrano all'arena fanno tremare la terra, di quelli che nel cavallo mettono reni e testa, di quelli che sbuffano e attaccano, di quelli con i muscoli che vibrano e le corna che spaventano. Di quelli che applaudi quando se ne vanno, trascinati lentamente dalle mule.
Portami tori e bravura.
Bravura.
Quell'indefinibile cosa che rende selvaggia ancora questa nostra terra, nel verde del campo o nel recinto di un'arena.
Poi una manciata di veroniche di Morante, quelle veroniche sospese nel tempo, quelle veroniche che suonano una musica eterna, quelle veroniche.
E dopo quelle un'altra manciata, anche più generosa e questa volta di naturali, ma di quei naturales impossibili che Rafaelillo strappa a un Miura o che Sergio Aguilar ricama a un Escolar Gil.
Quei passi che uniscono arte e coraggio, sfida e morte, bellezza e vertigine.
Che fanno della corrida una cosa grande.
Portaci tanto sole giallo e caldo e anche un pò di mosche, ché senza l'uno e le altre la corrida, si sa, non è corrida; e però anche un paio, giusto un paio non di più, di corse con il cielo gonfio e nero, e l'acqua, perché anche gli elementi partecipino alla drammaticità di quei momenti.
Portaci emozione, passione, sentimento, e portaci toreria, che di quella c'è sempre bisogno, all'arena e fuori.
Dovremmo esserci.
Ma magari ti resta ancora qualcosa.
Portaci ancora serate nelle bodegas e visite alle ganaderias, perché ormai l'abbiamo capito che il vero piacere risiede lì, tra l'odore di sigari e anice e tra i profumi dell'erba bagnata e del fieno pronto.
Porta qualcosa anche agli impresari, che confezionino dei programmi originali e appassionanti, porta ispirazione alle bande che suonano nell'arena, porta serietà ai presidenti e coerenza agli aficionados.
Porta, infine, un pò di fortuna a quegli allevatori che ancora si ostinano a cercare casta nel sangue dei loro tori, a difenderla, preservarla, perché quando ce ne regalano in quelle arene polverose di paese o sotto i riflettori di Las Ventas, noi sappiamo che la corrida ha la pelle dura e ce la terremo ancora per un pò.

Riportaci José Tomas.
E Cesar Rincon, che se non lo chiediamo a te che sei Babbo Natale a chi lo possiamo mai chiedere.



(foto Ronda - Monumental a Barcellona)

lunedì 20 dicembre 2010

Luce




Da non perdere la straordinaria galleria di François Bruschet di Campos y Ruedos: una manciata di scatti favolosi presi un pomeriggio chez Cesar Rincon, a El Torreon.

C'è il nero cupo dei tori, il rosso tragico della muleta, il lilla elegante dei fiori e il verde acceso dei campi.
E quella luce sovrannaturale.

La foto qua sopra è un capolavoro, e le altre non sono da meno.
Per di qua.


(foto François Bruschet)

sabato 18 dicembre 2010

Perché andiamo a vedere la corrida



Perché vado a vedere le corride?

Avrei voluto parlare dell'eccitazione della mia prima corrida, seduto sugli stretti scalini di pietra della plaza de toros di Almeria, del sole che tramonta dietro l'arena, del caldo soffocante, dello sventolio degli abanicos, della merienda da compartir nel tendido general, degli olé della folla, del sentimento andaluso, del sudore e del sangue nel ruedo.

Una poesia sul rapporto con la tauromachia.

Accade però che domenica scorsa mi trovavo tranquillo nella mia casa, seduto in salotto, a leggere il blog di “Alle cinque della sera”. Nelle pagine dei preferiti, a destra, leggo una notizia. Dopo mesi di corride deludenti e tori mansi, di polemiche e figuras al ministero della cultura, si annuncia che il giorno prima Juan Mora – sin a quel momento a me sconosciuto – ha toreato, eccome se ha toreato, a Las Ventas.

Sono curioso. Dapprima vado su burladero.com, il mio quotidiano on-line, cerco informazioni. Titola di un trionfo degno di altre epoche.

Io penso alle immagini ormai leggenda di Madrid, giugno '82, corrida di Victorino.

Sono subito su youtube. Digito Juan Mora.

E lo vedo sullo schermo ripeso da vicino, dall'alto. Pochi passi di muleta ben portati, una danza con il toro, poi, all'improvviso, senza preparazione alcuna, la estocada. Perfetta. In sottofondo il rumore del pubblico. Lui che impedisce ai peones di intervenire e se ne va. Veloce, a passo sicuro, così come la morte data al suo compagno di quel pomeriggio.

Due orecchie.

Maestro.

Che meraviglia. Non mi basta. Cerco altre notizie, altre immagini che mi raccontino l'evento. Decine di siti internet in francese e spagnololo. Sono contento, era ora esclamo. Quanto avrei voluto esserci, penso. Con che avidità leggo di quella magnifica tarde.

Passo davanti al computer due ore e mezza. Come ci fossi stato nell'arena. In quell'arena a vedere il trionfo di Juan Mora.

Ci ripenso oggi e sorrido soddisfatto. Sono tornato altre volte a vedere quelle immagini, a vedere quei tori che hanno permesso tutto questo, quell'arte che mi ha preso l'anima e mi coinvolge ogni volta sempre di più. La corrida è viva!

Ecco perché vado a vedere le corride e perché continuerò a farlo: per quell'emozione che ti prende in una domenica pomeriggio d'autunno, in un salotto a Verona, a chilometri di distanza.


Diego Girelli


(foto Ronda - per inviare il proprio testo: alle5dellasera@tiscali.it)



mercoledì 15 dicembre 2010

Ceret 2011


L'Adac di Ceret conferma la sua vocazione di laboratorio sperimentale e si getta anche per l'anno prossimo alla ricerca di encastes ormai rari e di allevamenti misconosciuti.
Pure per il 2011 la formula sarà quella felicemente inaugurata quest'anno, con una seconda novillada programmata per il sabato mattina.

Ecco dunque i tori per Ceret 2011:

2 corride - Escolar Gil (di Avila, provenienza saltillo-albaserrada) e Couto de Fornilhos (portoghesi di Alentejo, provenienza tamaron)

2 novigliade - Moreno Silva (di Cordoba, provenienza marqués de saltillo) e Irmao Dias (portoghesi di Santo Estevao, provenienza terra portuguesa/norberto pedroso; quattro novillos, al sabato mattina)


(foto Ronda - Ceret 2010)

lunedì 13 dicembre 2010

Dune





Questa foto è straordinaria.
Sembrano le due di un deserto, sono tori a Madrid.


E' opera di Juan Pelegrin: la sua pagina flickr va visitata.


(foto Juan Pelegrin, in arte Manon)

domenica 12 dicembre 2010

Victoriano e i suoi coglioni


Dodici settembre di quest'anno, Dax ha un nuovo natale.
Il dodici settembre 2010 segna per la città termale delle Lande una nuova data-zero, segna un prima e un poi: l'ultima corrida del miniciclo di Toros y Salsa è trionfale, di quelle che scrivono una pagina di storia, di quelle che segnano l'epopea di un'arena.
Tori di Victoriano del Rio per Morante, El Cid e El Juli.
I tre usciranno dalla porta grande sulle spalle di uomini robusti, e tutti e tre con qualcosa in mano: chi un paio di orecchie, chi tre, chi (Juli) addirittura la coda.
A stare alle testimonianze dei nostri amici che erano seduti su quei gradini, il pomeriggio è stato grande davvero: e i naturales di Morante, qualcosa di celestiale.
Per non parlare della poderosa scienza del Juli, che fu capace di far esplodere la bombonera landese.

C'è che quel giorno i sei tori di Victoriano sono usciti come toreri, allevatore e pubblico speravano e pregavano che uscissero: con bravura e nobleza, casta e forza e franchezza nella carica.
Con tanto materiale, Juli poteva dare l'ennesima dimostrazione di superiorità, El Cid poteva tornare a pensarsi torero e Morante poteva abbandonarsi all'ispirazione e alla purezza della sinistra.
Buenasuerte e Aldeano, il secondo e il terzo toro, premiati con il giro d'onore.

Alla fine dunque l'atmosfera era elettrica e l'arena in ebollizione, i tre a hombros a girare per la pista accompagnati dal mayoral, e li pubblico a spellarsi le mani.

Tutti euforici dunque e tutti a godersi il trionfo, tutti tranne uno.
L'allevatore.
Che evita gli abbracci, schiva i fotografi, scarta gli aficionados e si affretta all'uscita, dove già l'aspetta il fratello: i due salgono in macchina e si dirigono veloci fuori dalla città.
Che don Victoriano non abbia gradito la prestazione dei suoi sei pupilli?
Tutt'altro.
I due, a cavallo della grossa cilindrata, mangiano i chilometri a tutta velocità e arrivano in pochi minuti ad Hagetmau: lì, nel macello comunale, giungono i tori stoccati nelle arene della zona.
Victoriano è risoluto: si qualifica, e recupera i gioielli.
Esatto, i gioielli: i testicoli di Buenasuerte e Aldeano.
I coglioni dei due tori migliori del sestetto.
Confesso che pagherei per aver potuto vedere l'espressione del macellaio alla vista della Mercedes nera superlusso, di quel distinto signore che ne scende ed entra a chiedere la mercanzia...ma questa è un'altra storia.

Il prezioso materiale è finalmente nelle mani di Victoriano.
Che evidentemente ha in testa di non lasciare senza eredi, pur se questi nasceranno postumi, Buenasuerte e Aldeano.
L'ingegneria genetica oggi fa miracoli, e chissà che tra cinque anni gli abbonati di Dax non si ritroveranno ad applaudire un nuovo Buenasuerte o a festeggiare la vuelta di un nuovo Aldeano.

Via, i 4 affari sono riposti con cura in un recipiente pieno di ghiaccio, e i due uomini ripartono.
Il motore gira al massimo, c'è da arrivare in Spagna il prima possibile.
La tenuta è a Guadalix de la Sierra, non lontano da Madrid.
Madrid, Spagna.
Spagna.
Spagna, appunto.
Spagna, cazzo! Non stiamo andando in Spagna!
E' che nella concitazione del pomeriggio e nella foga della spedizione al macello, a don Victoriano deve essere andata un pò in confusione la testa: i due fratelli, e i quattro testicoli, dunque otto testicoli in tutto sulla macchina, hanno preso l'autostrada nella direzione sbagliata.
Stanno andando verso Bordeaux, insomma la Spagna ce l'hanno alle spalle, ogni minuto più lontana.

Se ne accorgono, fore smadonnano, di sicuro escono, rientrano e via a tavoletta verso Guadalix, prima che il ghiaccio si sciolga e faccia rinsecchire le quattro uova.
Ma il destino cinico e baro ha piazzato un autovelox abolizionista lungo il loro cammino.
Flash!
Limite a 110, il piedone di don Victoriano spingeva l'acceleratore a 171.
Siamo un filo sopra, in effetti.
La polizia fa il suo dovere, e poco più avanti li ferma.
Patente ritirata e 750 euro di multa.
Vaglielo tu a spiegare che stai andando come un disgraziato per riportare in Spagna 4 coglioni dei tuoi tori.
Ma non c'è tempo per discutere, si mette alla guida il fratello e via di nuovo.

E' per tutto questo che Victoriano del Rio era invitato a comparire lunedì scorso al tribunale di Dax.
Un vizio di procedura, segnalato dal suo avvocato (un aficionado della zona) ha fatto scivolare la nuova udienza ai primi di gennaio.
Un'altra faccia che vorrei vedere è quella del giudice, quando gli diranno che il macchinone andava a 171 km all'ora perché trasportava un carico prezioso.

Ah, giusto, i testicoli.
Al loro arrivo, alle prime luci dell'alba, i due fratelli ganaderos hanno trovato già pronto ad aspettarli il veterinario dell'allevamento.
Che, gli arnesi già pronti, pare sia riuscito ad estrarre dai 4 gioielli il necessario per dare una discendenza ai due tori.
A questo punto c'è da vedere se i prossimi Buenasuerte e Aldeano avranno, oltre che la casta dei genitori, anche la velocità dell'allevatore.


(foto Ronda - all'arena di Dax)

sabato 11 dicembre 2010

Olé, maestro


Vargas Llosa, nobel per la letteratura, aficionado.
A Stoccolma con la montera di Curro Romero.

martedì 7 dicembre 2010

Pane e Tori


Per prima è arrivata la carne battuta al coltello, con il tartufo affettato.
No, anzi. Prima c'era la robiola di Roccaverano. No, occorre correggere. Prima c'erano state le telefonate, gli inviti, l'organizzazione, chi prende la macchina, chi porta il vino.
No, ancora no. Prima ancora c'erano state un pò di ferias insieme, parecchie cene e serate autunnoinvernali ovvero la temporada più impegnativa, la salve rociera a Les Andalouses e la tienta del lunedì, un puttanaio di birre e il manchego, e un numero imprecisato di bottiglie immolate alla causa.
No, non ci siamo ancora. Prima c'erano stati pomeriggi interi passati insieme all'arena, pagine e pagine del blog, anni di aficion individuale e poi finalmente di aficion collettiva, chiamate, contatti, brindisi, tonnellate di mail, Nucci ce la fa o non ce la fa, questa volta a chi facciamo il test, lo stinco di Pietro (non il suo, quello del vitello sacrificato per l'occasione).
Nucci domenica viene o no.
Ma va. Prima di tutto sono arrivati gli spumanti. No, nemmeno. Prima le strette di mano, Giuseppe il papà a fare da anfitrione, una sigaretta con lui prima di attaccare le danze.
Niente, non è mica vero. Prima c'è stata la presentazione a Torino con il nostro eroe e l'improponibile leoncino, poi il blitz a Saint Martin, le mattinate da Tardieu, la sbronza della sera di Clavel Blanco, i pranzi indescrivibili sotto la Mole, le serate infinite alla Batficion.
Mi sbaglio. Prima di tutto è arrivata la torta verde. Ops, scusate: la Torta Verde.
Prima di quella tutti gli sms da ogni parte di Spagna, sono a Segovia, sono da Nunez del Cuvillo, siamo a Tafalla, qui a Cenicientos tutto bene.
La serata davanti alla televisione per la finalona dello Strega. La grigliata nel camino davanti alla placita de tienta. I pranzi cispadani con asinina e cavallo.
E poi la carne battuta al coltello con il tartufo affettato, con il tartufo che occupa narici e palato e terrà la posizione per giorni e giorni, e il Maestro che pretende Prieto de la Cal.
Il risotto ai formaggi con il tartufo, e Nucci che è lì sul camino.
La barbera, il rioja, l'anatra e il pollo.
E infine lui, lo stinco. La prossima volta bisognerà tenere un posto sul pullmino tutto per lui.
Lo stinco, il nostro migliore amico.
Dopo El Pana, si intende.

Il problema è che c'è vita oltre lo stinco. I funghetti che accomunano l'infanzia dei piemontesi a quella dell'ex-piemontese ora trapiantata in Emilia, Miguel e Flor, i ricordi delle corse viste insieme e di quelle viste da soli, chiama Nucci e digli che la Lazio vince il campionato e godiamoci il suo rotondo porcoddio, poi il momento del sigaro, degli amari e del sigaro, delle chiacchiere e del sigaro, e senza stocazzo di sigaro che aficionados saremmo d'altronde.

Una domenica di aficion, senza tori, lontani dai tori, una domenica meravigliosa e piena, eppure grazie ai tori.
Domenica scorsa, insomma.

Compagni di aficion, è per voi.

Sì lo so, è tutto molto autoreferenziale ma amen.
Dopo due giorni, con in bocca ancora il profumo di quei tartufi e negli occhi ancora il sorriso della Marzia e il volto soddisfatto del Pana, funziona così.
Non si può scrivere altro.

Sono comuni le cose degli amici.
I tori, e tutto il resto.

Pan y Toros.

All'italiana sarebbe Pane e Tori.
Neanche male, dai.


(Pan y Toros, Elisa)


sabato 4 dicembre 2010

Un toro



Corna, trapio, fierezza, arroganza, campo, forza, muscoli, sudore, morillo, negro, furia, sangue, potenza, coglioni, testa, monta, carica, sguardo.
Bravura.

Qui in alto uno splendido esempio, di Tardieu.

(foto Ronda)


giovedì 2 dicembre 2010

Perché andiamo a vedere la corrida


Andiamo a los toros per continuare a provare sentimenti e passioni che pochissimi altri spettacoli, eventi o riti, riescono a darci.
Perchè se il tipo di emozione è sempre lo stesso, ogni volta cambiano i motivi che la provocano.
Perchè in ogni corrida c'è qualcosa di nuovo da notare e da imparare.
Perchè si spera sempre di essere testimoni di quell'attimo magico in cui matador e toro riescono a fondersi e confondersi inventando una suerte irripetibile.

Perchè si trascorrono due ore totalmente fuori dai nostri schemi quotidiani e in mezzo a persone che non conosci ma che senti fratelli di aficion.
Perchè nell'arena si vede il merito premiato e lo sbaglio punito. Subito, senza compromessi.
Perchè la vita e la morte, la bellezza e la lealtà, il coraggio e la bravura, meritano di essere celebrate, discusse e talvolta applaudite alle cinque della sera.


Angelo Tirelli


(foto Ronda - per inviare il proprio testo: alle5dellasera@tiscali.it )