giovedì 8 aprile 2010

Tomasito

Diciamo la verità, Tomasito è francamente brutto.
A vederlo girare per le strade di Arles nei giorni della feria, indugiare sulla scalinata dell'arena facendo sfuggenti cenni di saluto con il capo, passeggiare da solo (l'ho sempre incrociato da solo, per quattro giorni) tra le due piazze con le spalle sempre un pò depresse, ecco, sinceramente, il primo pensiero non è esattamente quello di aver incrociato un divo di Hollywood.
C'è qualcosa di triste nella linea degli occhi, qualcosa di triste e dimesso, una piega dello sguardo che tira verso il malinconico.
Ha la faccia di un ciclista d'altri tempi, un pò allampanato e disorientato, aduso a fatiche e ingratitudini.
Sarebbe stato bene in qualche tavola delle Triplettes de Belleville.

Non avevamo mai visto Tomasito, al secolo Thomas Joubert, in abito di luci.
Bene, tanto il cappotto grigio e le scarpe di vernice che sfoggiava, in civile nei giorni di feria, non gli si addicono e ne guastano la già mesta figura, tanto il vestito d'oro gli calza a pennello, ne trasforma il portamento, ne irrigidisce la mascella, e fa profondo e sicuro lo sguardo.

Novillada di Blohorn per Patrick Oliver, Thomas Joubert e Juan del Alamo, sabato mattina.
Nuvoloni, freddo, e poca gente sui gradini.
I novigli, fatta eccezione per un primo troppo debole, hanno fatto onore alla divisa: seri nella presentazione, di gioco ineguale ma dal carattere pronunciato ed anche aspro, il terzo e soprattutto il secondo (vuelta) i migliori del lotto.
Una buona corsa nel complesso, con un sestesso che ha portato in pista personalità ed emozione.

Ammirevole la disposizione dei tre ragazzi, che hanno brillato alla capa, non si sono risparmiati nei quites e alla muleta hanno cercato la sintesi tra fantasia ed efficacia: non del tutto convincente però l'esibizione di Del Alamo, probabilmente il più atteso dopo i successi in questa stessa arena dell'anno scorso. Il ragazzo ha una faccia da torero, gesti da torero, condotta da torero, come raramente se ne vedono. Ma non sempre è sufficiente: e con il terzo (orecchia protestata), dopo un paio di serie buone a destra e una ottima a sinistra, si è afflosciato come gli fossero mancati improvvisamente polsi e pensieri.

Ecco, poi Tomasito.
Che riceve Ono, il secondo della mattinata, con le spalle al toril.
La capa vola, si alza, si piega, diventa chicuelina, poi ritorna veronica, si avviluppa, si attorciglia, e Ono sempre dentro, dentro senza strapparne un solo lembo, e appena si trova fuori, uno scatto ed è ancora dentro.
Ha stile, Tomasito.
E con la muleta in mano è tutto quello che non è nelle stradine della sua città: dritto, verticale, piedi piantati per terra, suadente e fermo, sguardo risoluto.
Elegante.
La tristezza nello sguardo si trasforma in impressione di gracilità, ma i movimenti sono di grazia e rotondi, di grazia e plastici, di grazia e sicuri.
Elegante e fragile.
Ono è dedicato alla memoria di Francis Espejo, figura dell'aficion arlesiana che aveva fatto molto per tutti i giovani allievi della scuola taurina, e recentemente scomparsa.
E Ono è toreato tenendo insieme i crisantemi del brindis e le primule di stagione, un bouquet di drammaticità e ispirazione offerto al toro, al pubblico, al cielo.
E poi di nuovo la muleta in cui metterà le corna Dabou (lopecina per lui dopo due buoni assalti al cavallo), per un'altra faena ricercata e fiorita.

Ha stile, Tomasito.
La tenacia di un vecchio passista e il coraggio di un esuberante scalatore.
Lo stile di un annoiato e malinconico flaneur per le strade, di uno ieratico e ispirato torero nell'arena.
Che si mantenga così.

(foto Ronda - Tomasito ad Arles, il sabato mattina)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bene! Vuol dire che Tomasito sta crescendo. A me purtroppo pesa ancora il ricordo di un settembre 2008 ad Arles, quando dovette fare una dozzina di tentativi tra spada e descabello per chiudere una faena sfortunata.
Angelo