lunedì 8 settembre 2008

Dite loro che le prossime nevi



Dunque ieri a Dax, per l'ultima corrida della stagione, Perera ha indultato il sesto toro.
Titoloni sui portali più cool, titolacci sui blog e sui forum degli aficionados: che non si giustificano la grazia ad un toro non piccato, che dunque non ha potuto far mostra di bravura, cui Perera ha permesso di mettere in mostra un'infinita nobleza ma nient'altro.
La grazia si concede ai tori che si dimostrano eccezionalmente fieri, coraggiosi, indomiti, e non a quelli solo in grado di mettere le corna nella muleta per dieci, venti minuti.
Curioso.
Un indulto dovrebbe essere un momento altissimo e sublime di tauromachia, e non invece occasione di polemica e divisione.

Ma detto che condivido le critiche, anche dure, che si possono leggere su internet in questi giorni, detto che l'amara provocazione di Campos y Ruedos (*) dovrebbe suonare come un grosso campanello d'allarme per tutti gli appassionati., detto che il commento di Marco al post precedente è da sottoscrivere riga per riga..detto questo, l'indulto di Dax perlomeno ci ha regalato questo gioiello che qui con voi condividiamo.
Le righe che ha scritto Zocato, e che ha pubblicato il Sud-Ovest oggi: qua.
Lui è un pacioso e irrituale giornalista taurino francese, incline ai piaceri della vita e non insensibile al fascino dell'alcool, dalla penna spesso straordinariamente ispirata.
Un artista, a suo modo, un artista vero: un poeta, capace di scolpire per sempre con parole divine e perfette un pase de pecho, una serie con la sinistra, una corrida intera.
Personaggio discusso e discutibile, non sempre integerrimo esempio di professionalità (splendido l'aneddoto di quella volta in cui, in una piccola arena del sud della Francia chiese in prestito ad una nostra amica l'accendino, per consumare l'ennesima sigaretta: il giorno dopo il Sud-Ovest pubblicò la sua cronaca della corrida che in quegli stessi istanti si teneva a Madrid), un carattere a volte anche scostante che abbiamo sperimentato di persona...sono in pochi però a non capitolare di fronte alle sue invenzioni letterarie, alle sue cesellature, a quel suo modo così delizioso di scrivere di arte con arte.

Dite loro che le prossime nevi

Enrique Ponce: silenzio e silenzio
Morante de la Puebla: saluto e un'orecchia
Miguel Angel Perera: silenzio e le due orecchie e la coda simboliche



Sei tori di Victoriano del Rio (da 486 a 528 kg, media di 502), sette piccje. Complicati e fermi il primo, terzo e quarto, nettamente più docili gli altri.

Era il più piccolo, il meno pesante, l'ultimo della famiglia.
Un bel musino, due occhi pieni di tenerezza, decine di margherite e papaveri nelle narici.
Si chiamava, ma tranquillizzatevi che continua ancora a chiamarsi, Desgarbado, numero 67.
Chi è abituato a spaccare il capello in quattro dirà, le sere delle discussioni d'inverno, quando piove freddo sulle nostre fortune estive, che non ha preso che una leggera picchettina, un quarto di lancia, una puntura appena.
Tua sorella! Che tra l'altro da ieri sera si frega le mani dalla felicità, da quando alle 20 e 9 minuti Desgarbado, ridendosela dei cabestros, se ne è andato al galoppo, dritto sui suoi zoccoli, sbuffando allegria, rientrando al toril.
Ottomila persone in piedi l'acclamavano con questa meravigliosa illusione di quando si crede alla reincarnazione, che si possa ritornare ad essere toro su questa maledetta terra.
Questo così piccolo toro aveva un cuore come una cattedrale.
Aveva appuntamento con la vita.
E senza dubbio l'ha pensato subito, fin dagli otto cambios e dai muletazos stretti di Perera.
Desgarbado ha pensato ai suoi fratelli, ai cugini rimasti nella ganaderia, al portone della tenuta scorto un'ultima volta.
Ora Perera lo incensava, lo sublimava e il torellino lo sapeva ogni volta di più, ogni volta che la muleta tracciava linee incredibili, delle spirali assolute in cui la lentezza, l'oro l'incenso e la mirra si univano in un rispetto così intimo che applaudire pareva velleitario.
E tuttavia...come non strapparsi la camicia come ai matrimoni gitani!
Benedire e strabenedire la giumenta e lo stallone di Desgarbado, la madre e il padre di Perera.
Dir loro che le prossime nevi dei mesi senza corrida avranno gusto di miele.
Rifaremo tutti di nascosto, una volta messi i bambini a letto, questa faena di cui le descrizioni delle combinazioni, dei passi legati non hanno neanche l'odore delle serie viste e vissute.
E' stato un ventaglio geniale, ci si vedevano dentro i riccioli dei fiori, dei passi circolari, delle riprese immaginabili come nel paradiso della muleta, senza il minimo sfregio alla stoffa.
Perera non sorrideva, o quasi per niente.
Desgarbado nemmeno.
Ci raccontavano solo che a volte, anche una volta solo una corrida permette di fermare il tempo e ci dice che la morte non ha altro da fare che trattenersi.
Esiste ancora un piccolo toro nero e un grande maestro per ordinarle di deviare il suo cammino. Torni domani.
Per il momento, sparisca.
Dall'11 maggio 1913, salvo errori, data dell'inaugurazione dell'arena di Dax, nessun toro qui era stato graziato. Desgarbado e certamente Perera sono entrati nella Storia.
Presente in barrera, Cesar Rincon sventolava il suo fazzoletto e tutta la gente con lui.
Ci si ricorderà poi che anche Enrique Ponce, sfortunato al sorteggio, era pure lui in programma così come Morante de la Puebla, vestito di rosso cardinale e nero corvino, coleta naturale.
Per Morante, inutile precisarlo, noi faremmo carte false e forse anche peggio.
Una decina di veri e profondi capotazos hanno ringiovanito la nostra aficion al quinto toro.
Olé a te Morante e anche i tuoi genitori, senza dubbio.
Olé al tuo sentimento, al modo di chinarti, di fumare soddisfatto gli havanas d'El Gallo, di arrotolare dei passi che non si vedono che con te.
Olé alla tua profondità, al tuo flamenco e alla tua onestà, a te che sei accusato di risparmiarti.
Olé infine al tuo modo di mostrarci que il toreo non è che la scienza dell'anima.

Nessun biglietto disponibile, 23 gradi.
Il sole si è rifatto vivo...

(Studio sul toro, Picasso)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Un esempio tipico di penna mercenaria, che con alate parole fa apologia della perversione della Fiesta. E poi chissà se lui c'era davvero alla corrida, e se c'era, sicuro che aveva ben mangiato e meglio bevuto a spese dell'impresa o di qualche altro taurino interessato.

Hai fatto bene a pubblicare l'ispirato articolo, è bene che si sappia come si creano i miti in cui cadono gli incauti che si avvicinano a questo sempre più assurdo mundillo.

Saluti

Marco

Anonimo ha detto...

Une simple remarque puisque tout ou presque a ete dit les corridas de 1913 etaient totalement differentes et d'autre part je crains que personne ne puisse temoigner car la viellesse n'indulte pas les hommes ..ni les betes.