giovedì 31 luglio 2008

I tori di Miura (3)

Terzo e ultimo (per ora) capitolo del piccolo dossier dedicato ai tori di Zahariche e in omaggio agli amici che saranno il 17 agosto a Béziers e a noi che saremo il 9 a Bayonne.
Una sintetica carrellata dei tori tristemente celebri di Miura, alcuni di quei tori che hanno contribuito alla scrittura della leggenda nera che ormai da un secolo precede la ganaderia.

Certo, liquidare i Miura in tre miseri post è quantomeno irrispettoso.
Ma tant'é, e in attesa di recuperare e leggere il testo di Tio Pepe sull'allevamento, autentico punto di riferimento bibliografico sull'argomento, bastino le poche righe di questi giorni: e forse meglio così, che a una miurada è bene andare preparati, ma nessuna lettura può sostituire il privilegio e l'emozione di sedersi sui gradini di un'arena il giorno in cui, dopo il paseo, cominciano a scendere in pista i tori della A coronata.

Qualche Miura passato alla storia, comunque:

- Jocinero. Il 20 aprile 1862 a Madrid questo toro bianco a chiazze nere di Antonio Miura esce in seconda posizione e carica il cavallo del picador Antonio Calderon (i cavalieri all'epoca erano presenti in pista già dall'ingresso del toro); arriva al quite José Rodriguez Pepete, prozio del celebre Manolete, e Jocinero che si accaniva contro il cavallo ormai a terra si volta rapidamente e prende al cuore Pepete, che arriva ormai morto all'infermeria. Dopo avre preso 18 picche, Jocinero ferisce il banderillero Juan Yust e fa volare per aria Cayetano Sanz che poi lo uccide non prima del quarto tentativo.

- Matacaballos. Fedele al suo nome, questo toro di Antonio Miura uccide il 6 giugno 1869 otto cavalli e prende valorosamente diciassette picche. All'epoca i cavalli non erano protetti come oggi.

- Chocero. Toro castano acceso, occhi cerchiati di bianco, con il corno destro sfilacciato, dopo aver dato una cornata ad uno degli aiutanti del picador trafigge mortalmente al collo il banderillero Mariano Canet Lozano. Era la corrida di beneficienza di Aragon, il 23 maggio 1875.

- Gorrete. Il 31 agosto 1887 a Malaga fece una strage nelle cuadrillas. Dopo aver gravemente ferito i picadors Aguila e Agujetas, incornò due banderilleros e fece volare per aria i tre toreri presenti, El Espartero, Mazzantini e Lagartijo.

- Perdigon. Questo pericoloso perniciotto, rossicio e ojo de perdiz (con gli occhi cerchiati di pelo bianco) colpì nel momento della stoccata, all'apice della sua carriera, El Espartero che ricadde sulla nuca. Il torero, ripresi i sensi e i ferri del mestiere, fu di nuovo preso e incornato allo stomaco, cosa che lo portò a morire nell'infermeria poco dopo. Madrid, 27 maggio 1894.

- Aguilito. Il 13 settembre 1900, durante il suo trasporto sul battello a vapore Andalucia, direzione Marsiglia (all'epoca vi si svolgevano corride di tori), si liberò dal suo cassettone, seminò il panico a bordo e il capitano del battello dovette abbatterlo a colpi di fucile.

- Agujeto. A chiazze bianche e nere, a Sanlucar de Barrameda nel 1907 pose fine alla giovane vita del novillero Fausinto Posadas. Il quale, all'atto del matar, fu sorpreso dal miura che con un colpo di corna gli trafisse la trachea.

- Islero. Probabilmente il miura più famoso, quello che con un colpo di corna prese Manolete all'inguine, nell'arena di Linares il 28 agosto 1947. Manolete morì il mattino dopo nella camera dell'ospedale. Era il sedicesimo miura della sua carriera.

- Panolero. Il 10 settembre 1989, ad Arles, questo toro grigio con corna immense e spaventosamente aperte, marchiato a fuoco con il numero 26, assestò un forte colpo a Nimeno II. Il torero, lanciato in aria, ricadde pesantemente fratturandosi il collo e rimanendo tetraplegico.
Christian Montcouquiol, una volta capito che non avrebbe più potuto toreare, si tolse la vita nel novembre di due anni dopo.
Panolero era stato inizialmente previsto per l'arena di Dax, ma alla fine venne invece inserito nella corrida di Arles.

Certo, ci sono oltre ai vari Panolero, Islero e Matacaballos, i tanti Miura che hanno permesso successi anche grandiosi, i Miura che hanno meritato la vuelta al ruedo, e anche Miura con poco interesse.
Ma sono questi e queste storie che hanno creato la leggenda, ed è per questo che ogni aficionado si rende all'arena, ogni volta che ci sono i Miura a combattere, con un grado di emozione in più.


(il testo è stato raccolto grazie a questo ottimo sito; le foto sono di Laurent)

mercoledì 30 luglio 2008

I tori di Miura (2)


Galvanizzati dal commento riconoscente e profondo del lettore viola, e come pretesto per poter pubblicare di nuovo un paio di foto dell'amico Laurent, ecco qualche notizia ancora sulla ganaderia di Miura.
Sperando che anche queste righe siano di aiuto agli amici che affronteranno la loro prima miurada fra un paio di settimane.

A Bayonne e Beziers i tori della divisa di Zahariche (la tenuta, nei dintorni di Siviglia) sono nel cartel rispettivamente il 9 e il 17 agosto: andiamo a memoria e le cifre potrebbero essere non precise, ma quest'anno Miura combatterà un totale di 9 corride e alcune novilladas.
Cifre davvero contenute, se paragonate alle ganaderias commerciali e industriali che portano i propri tori anche 20 e più volte a combattere nelle plazas.
Almeno la metà delle uscite sarà, a fine anno, in arene francesi.
Ad Arles, a Pasqua, i Miura erano usciti molto ben presentati, secondo i canoni della casa, e almeno un paio si erano dimostrati forti e con casta: una corrida molto interessante ed emozionante, in cui El Fundi si dimostrò quel gran torero che è, una bella serata di tori a confermare il buon rapporto tra la città e la ganaderia.
A Nimes invece una corrida piatta e deludente, con solo 4 tori combattuti, a Pentecoste.
A Mont de Marsan infine (passando per Vic dove un Miura è uscito nella corrida concorso) una corrida scialba, con tori incredibilmente deboli e senza morale.
Li si aspetta dunque a Bayonne e Beziers, dove sono spesso stati di casa, sperando che riescano a soddisfare la grande attesa che già accompagna il loro ritorno nelle due città.

Qualche notizia questa volta la prendiamo da La Tauromachie - Histoire et dictionnaire di Robert Bérard, opera davvero fondamentale e ricchissima.
Ecco la traduzione di un paio di passaggi scelti.

Miura
La storia di questa ganaderia è strettamente legata a quella della tauromachia moderna: Miura non è una ganaderia come le altre.
Questo allevamento intriga fin dalla sua creazione: appartiene da sempre alla stessa famiglia, persegue le stesso stile di allevamento e conserva la stessa casta; ciò significa che non ha subito nessuna modifica importante dalle sue origini ai giorni nostri.
Il solo nome dei Miura nel programma attira gli spettatori.
(...)
Juan Miura, originario della Navarra e artigiano creatore di cappelli a Siviglia in plaza de la Encarnacion, crea nel 1842 vicino a Carmona (50 km al nord di Siviglia) una ganaderia di tori da combattimento.
Il 15 agosto 1846 a Siviglia si svolge la prima corrida a nome di JuanMiura (con divisa verde e rossa).
La presentazione a Madrid avviene il 30 aprile 1849 (divisa verde e nera) nel corso di una corrida che presentava nel cartel i maestri Cuchares e El Salmantino.
Il celebre marchio con la lettera A completata da due C su ognuno dei due lati proviene dall'allevamente di Antonio Cariga che era proprietario del primo gruppo di bovini acquistati da Juan Miura.
La ganaderia, unica nella storia, ha due divise: verde e nera per Madrid e verde e rossa per le altre arene.
Alla morte di Juan Miura i tori sono annunciati in un primo tempo a nome della moglie, poi passano nel 1861 al primogenito Antonio e successivamente al di lui fratello Eduardo.
Attraverso altri passaggi la ganaderia arriva, nel 1940, nelle mani di Eduardo Miura che la dirigerà con maestria fino alla sua morte, più di cinquant'anni più tardi.
Miura, da più di cent'anni, è indiscutibilmente l'allevamento di tori più celebre.
Caso unico nella storia della tauromachia, la ganaderia non ha mai cambiato famiglia.
Proseguendo il lavoro dei loro avi, basato su un estremo rigore nella scelta esclusiva dei loto tori, senza nessun apporto esterno, ancora oggi i Miura contribuiscono ad alimentare l'enigma genetico legato ai loro capi di bestiame.
E' l'allevamento che senza dubbio ha combattuto più tori nella storia, più o meno un totale di 10.000 bestie in un secolo e mezzo.
Da tanti decenni, la ganaderia è sempre di grande interesse per l'aficionado: non si esce mai senza emozione da una miurada, che da sempre ha una reputazione spaventosa e sanguinaria.
Miura, vittima della sua leggenda nera!
Numerosi furono i toreri feriti o uccisi dalle corna di queste bestie: Pepete (1862), El Espartero (1894), Manolete (1947), NImeno II (1989).
Praticamente tutti i grandi toreri della propria epoca, pur se spesso hanno rifiutato di combatterli, hanno raccolto successi grandiosi di fronte ai Miura.
La ganaderia è senza dubbio quella che, di tutti i tempi, ha più personalità.

(foto di Laurent Larrieu)

martedì 29 luglio 2008

I tori di Miura


In omaggio al lettore gigliato che a Beziers assisterà, domenica 17 agosto, alla sua prima miurada ecco qualche riga sui tori di questa ganaderia che ha fatto la storia della tauromachia e il cui nome si accompagna, nel cuore di ogni aficionado, ad una vera e propria leggenda.
Peraltro la redazione del blog al completo sarà sugli spalti a Bayonne sabato 9 agosto, per il ritorno in quella arena della storica divisa.

Miura è una di quelle corride in cui si va a los toros, e per goderne appieno occorre essere un minimo preparati: saccheggiamo per questa volta il buon dossier pubblicato da Terres de Toros, tradotto ad uso dei poco avvezzi con la lingua francese.



Presentazione

Miura. Il solo nome rimanda allo stesso tempo alla storia, al dramma, alla leggenda e alla gloria. Se la fiesta brava abitasse l'immaginario di uno scrittore, egli avrebbe senza dubbio scritto la storia della ganaderia di Miura, per sognare con lui sulla tauromachia.
Perché questo ferro raccoglie su di sé tutti gli elementi del magnifico mondo del toro.
La casta leggendaria ormai sparita e che solo Miura ancora protegge ancora.
La tradizione, con la famiglia che ha saputo preservare le più antiche tecniche di allevamento da 150 anni ad oggi.
La gloria, ché i Miura hanno trionfato in tutte le arene del mondo.
E infine l'ineluttabile, il dramma, che Miura è anche la leggenda nera, la più importante lista di vittime di tutta la storia, che va dalle tragedie più modeste alle più illustri.
Peraltro, i Miura moderni sono cambiati molto.
Ma questo non cambia granché le cose, il terrore è ancora là, e resta indelebile nella memoria dei toreri e degli aficionados.
Il solo nome dei Miura continua a riempire le arene.
Miura resta Miura, per chiudere con una frase di uno dei più strenui difensori della ganaderia, Tio Pepe.

Morfologia

Se c'è un toro facilmente riconoscibile, questo è il toro di Miura.
Alto, lungo come un treno, il corpo è distribuito su gambe molto alte.
Di struttura imponente, la sua massa muscolare è poco sviluppata, dando luogo a corpi rettilinei.
Questo insieme dona un'impressione di leggerezza, ma assolutamente relativa, perché il toro di Miura raggiunge facilmente i 600 kg, cioè più o meno cento chili in più degli altri tori.
L'assenza di badana e papada (le pieghe della pelle del collo sotto il muso, ndt) accentua ancora di più questa caratteristica.
Il collo è molto lungo, dotato di un'agilità impressionante.
Munito di grandi occhi, il suo sguardo trasmette tutta la sua fierezza.
La testa è allungata e larga, provvista di corna molto sviluppate, grosse alla base e che raramente si concludono con punte sfilacciate ed esili.
Il manto possiede una varietà cromatica strabiliante: neri, grigi, rossi, bruni, o con un misto di questi colori e anche di più.
Una delle particolarità del manto dei Miura è avere sempre qualche pelo bianco.

Comportamento

Dal punto di vista del comportamento domina l'aggressività. Negli spazi dell'allevamento, sia i tori che le vacche sprigionano una tale rudezza, così imprevedibile, che trattarli è molto delicato.
In pista, alla loro uscita, sono lenti a concentrarsi sulla capa o sugli inviti, e sono generalmente abantos (quasi indifferenti, al trotto o al passo).
Arriva il primo tercio e qui tutte le incertezze sono in gioco. E' possibile un ampio ventaglio di comportamenti, dal toro bravo a quello immensamente manso, passando per quello che salta addosso al cavallo.
Con una intelligenza notevole, al cavallo si nota l'evoluzione del toro, che è possibile poi misurare alle banderillas.
La diversità dei comportamenti dei Miura permette diversi tipi di faena, la sua intelligenza però garantisce comunque una costante: solo pochi passi sono possibili.
Il toro di Miura obbliga a tante difficoltà che la lidia deve essere perfetta, e il torero gioca veramente il ruolo di colui che lo mette in luce piano piano.
Al minimo errore tecnico, il Miura che fino ad allora presentava tutte le qualità richieste dal combattimento moderno può diventare totalmente intoreabile.
Difficoltà enormi, ma anche appassionanti.

(immagini da Campos y Ruedos: la A coronata di Miura)

lunedì 28 luglio 2008

Christophe a Céret


L'amico Christophe, sorriso sincero ed eternamente gentile, era seduto accanto a noi sui gradini dell'arena di Céret.
Ha messo online le foto prese in quei giorni: sono qui sul suo sito.

Un altro motivo per tornare a Céret l'anno prossimo è per godere ancora dellla compagnia spontanea e calorosa che lui e la sua bella Christel ci hanno regalato.
A meno che non si studi il modo di ritrovarsi prima, di qua o di là dalle Alpi.

(nella foto Corsito di Bucaré, prima della meritata vuelta)

venerdì 25 luglio 2008

Come il Satana di Milton



Di tutti gli atti compiuti dal torero nel corso della corrida, il più patetico - tranne la stoccata finale - è, credo, il passaggio eseguito per mezzo della cappa o della muleta, con la collaborazione del toro, che l'uomo costringe in qualche modo a rinviargli la battuta.
Eccitato dalla brillantezza della stoffa, l'animale carica; spostandosi il meno possibile, l'uomo schiva l'attacco, e le corna, invece di raggiungere il bersaglio di carne, trovano soltanto l'esca del panno.
Perché il passaggio sia veramente riuscito, occorre, fra le altre condizioni, che sia molto serrato (che il corno arrivi vicinissimo all'uomo, fin quasi a sfiorarlo) e che il toro passi tutto (che tutta la sua massa, dalal testa alla coda, passi di fronte all'uomo prima che questi abbia ripreso posizione per ricevere una nuova carica).
(...)
Nel passaggio taruomachico il torero, insomma, con le sue evoluzioni calcolate, la sua tecnica, rappresenta la bellezza geometrica sovrumana, l'archetipo, l'idea platonica.
Questa bellezza del tutto ideale, atemporale, paragonabile soltanto all'armonia degli astri, è in relazione - di contatto, di sfioramento, di minaccia costanti - con la catastrofe del toro, sorta di mostro o corpo estraneo, che tende ad avventarsi, al di fuori di tutte le regole, come un cane che rovescia file di birilli ben allineati come le idee platoniche.
(...)
Ci si accorge, in definitiva, che tutto accade come se vi fosse geometria, ma con disobbedienza, strappo costante a tale geometria.
In rapporto all'armonia, impersonata dal torero con la sua plasticità e la sua tecnica codificate, lo strappo, il male è il toro, che materialmente mette in pericolo la vita dell'uomo e costituisce l'irruzione immediata - palpabile - di tale pericolo.
Così, a seconda dell'ottica da cui si considera la cosa, il matador apparirà come un angelo tentato (che il suo orgoglio, la sua imprudenza, induce ad esporsi al male e che osa giocare con esso come un bambino conil fuoco) o come un miracoloso superstite (l'audace che si è fatto precipitare addosso la sventura, per poi schivarla con l'aiuto della fortuna e grazie ad un'infinitesima deviazione del suo corpo).
Ad ogni modo, il matador recita il ruolo di un Icaro o Don Giovanni cui una forza - o astuzia - eccezionale permette di sfuggire all'annientamento finale.
Colorato dalle fiamme malefiche cui perpetuamente si espone, è adorno di un riflesso infernale che lo assomiglia al Satana di Milton - modello perfetto della bellezza virile secondo Baudelaire.

- brani tratti da Specchio della tauromachia di Michel Leiris, ed. Bollati Boringhieri -

(foto Ronda - Arles 23 marzo 2008, novillada di Palla)

giovedì 24 luglio 2008

I Bucaré

Che non è il titolo di una nuova fiction portoghese né di una nuova pasta pronta per il sugo.
E' che la pubblicazione delle foto, ottime come sempre, su Campos y Ruedos è l'occasione per tornare con il pensiero alla novillada della domenica mattina a Céret, con i tori in questione.

Sono passate ormai due settimane e i ricordi dei dettagli vanno sfumandosi, lasciando spazio però alle sensazioni che si sono sedimentate e alle immagini rimaste impresse in qualche angolo della memoria.

Una bella novillada, niente da dire, a tratti ottima.
Tori splendidamente presentati, grossi ma non grassi, con una media di 500 kg che per dei novillos è cifra enorme, e soprattutto con corna incredibili.
Ognuno dei sei ingressi in pista accompagnato da un mormorio di stupore che presto si faceva ovazione di approvazione.
Come per il primo, di nome Corsito, che ha meritato la vuelta al ruedo postuma, un toro forte e con carattere, pericoloso, ma che ha permesso nell'ultimo tercio anche un buon lavoro con la muleta concedendosi senza grosse riserve agli inviti del torero.
Insomma, sei tori che hanno venduto cara la pelle, bocca sempre chiusa, dritti contro il burladero senza l'esitazione degli ultimi passi, sempre pronti a tradire.
Tori che davano emozione, per sintetizzare, e quando è il toro a darla allora si è davvero su un altro livello.
Peccato, davvero peccato, che i tre vestiti di luci non fossero all'altezza di tanta sfida.
Dei tre toreri si è salvato solo Nazaré, il più vecchio in alternativa, che ha saputo interpretare bene i suoi due opponenti e ha disegnato una faena di gusto, per quanto di fronte a questi tori si riesca a trovare il tempo per la poesia, che gli è valsa un'orecchia.
Gli altri due, per motivi diversi (troppo narciso e inconsapevole del contesto Lamelas, troppo acerbo e impreparato Fourcart) non solo non hanno fatto vedere granché, ma soprattutto non hanno saputo approfittare della tanta grazia cui erano davanti.
Più d'uno, sui gradini, si è mangiato il cappello pensando a cosa avremmo visto se quei sei novillos fossero capitati in altre mani...

Gran bella novillada, di quelle corride da cui si esce appagati e felici e che fanno il bene della tauromachia, di quelle da cui uscendo dall'arena si ha voglia di mettersi subito al bancone del bar, ordinare una giro, e parlarne con gli amici: fortunata combinazione, il bar della plaza de toros era lì apposta, e le chiacchiere annaffiate di pastis sono durate parecchio.

(foto da Campos y Ruedos: un Bucaré della domenica mattina)

martedì 22 luglio 2008

L'aficion per sms


Traduco un messaggio che ci è arrivato stasera sul telefonino da Mont de Marsan, in quel sud della Francia più vicino all'oceano che alla Liguria, e dove sui gradini dell'arena era seduto l'amico Rémi: era una corrida de La Quinta, ganaderia per corride dure, e deve essere stata una serata di quelle riempiono il cuore e i polmoni degli aficionados.

"Gran gran bella corrida! El Fundi malconcio ma esce in trionfo: maestro! Lescarret come piace a me e Ferreira un pò tirato ma qualche passo di grande classe. Quattro orecchie e il mayoral in trionfo attraverso la Porta Grande. VIVA LA FIESTA BRAVA".

Considerando che l'amico Rémi, aficionado con trascorsi da rugbysta, bevitore seriale di pastis e spacciatore di ottimo foie-gras, non è incline agli entusiasmi quando si tratta di tori, e considerato il peso specifico della ganaderia...dev'essere stata davvero una grande serata (qui e qui le prime cronache).

(foto di Laurent Larroque: una banda all'arena di Mont de Marsan, durante la feria 2007 - da qui)

lunedì 21 luglio 2008

La presa di Céret


Ebbene sì, non eravamo gli unici italiani a Céret: ce n'era almeno un altro, quel Marco Coscia che per anni ha insistito perché dedicassimo un week-end a questa meravigliosa feria ai piedi dei Pirenei.
Aveva ragione a insistere, ovviamente.
Marco ci ha inviato questa bella cronaca della corrida di chiusura del 14 luglio, Ceret è sempre Ceret, la pubblichiamo volentieri.


"L'aspettativa per il mano a mano Esplà - Fundi, con i tori di Josè Escolar, suocero di quest'ultimo, era tanta.
Un anno fa Luis Francisco Esplà rischiava di lasciare la vita fra le corna di un Valverde, su questo piccolo ruedo della Catalogna del Nord, e doveva riprendere il discorso dove l'aveva terminato.
Anche per chiudere degnamente la sua traiettoria, che ne ha fatto l'ultimo dei veri Maestri in attività, dopo la ritirata di Rincon, ed in attesa di un successore che potrebbe essere il Fundi.
Anche lui era atteso a Ceret, per un simbolico passaggio di consegne, ma il destino, sotto forma di un corno di un Miura che lo ha perforato per 20 centimetri il giorno prima a Pamplona, ha fatto in modo che il mano a mano sfumasse, con gran delusione degli aficionados.


Malgrado ciò, il 14 luglio è stato un gran giorno taurino, uno di quei giorni di Ceret che hanno fatto la fama di Ceret, con un sole splendente in un cielo turchino, una leggera brezza, una piazza piena, sei splendidi tori nei corrales e tre toreri valorosi con le loro rispettive quadriglie pronti ad affrontarli.

Al posto del Fundi venivano annunciati Sergio Aguilar, che dei tori di Escolar gil sta diventando uno specialista (Cenicientos 2007, Vic 2008) e David Mora, che il giorno prima aveva dimostrato dignità con la difficile e opaca corrida di Hernandez Plà.
Ma fin dall'apparizione sul ruedo del primo dei cardenos oscuros, che al primo remate ha fatto volare le tavole della barrera, si è capito che il toro sarebbe stato il protagonista del pomeriggio.

Una corrida di stupenda presentazione, che ha dimostrato una casta indomita ed una potenza che oggigiorno raramente si vede nelle arene.
Per 21 volte i 6 tori sono partiti, per lo più da lontano, per caricare il cavallo del picador, cinque volte lo ha fatto il terzo, e quattro volte il quinto a cui il presidente ha concesso il giro d'onore postumo.
Se pensiamo che a malapena le corrida normali sopportano la seconda vara per toro, qui la media è stata di 3,5.
Una corrida complicata e spettacolare, con i primo cuattro più assassini.

e gli ultimi due più toreabili, non senza rischio, ma con più classe.
Esplà ha lasciato a tutti il souvenir delle sue pose da torero antico, la sua intelligenza lidiadora, la sua maestria di direttore di lidia anche nei quites di pericolo, la sua teatralità sobria in banderillas.
E' uscito fra due ali di areneros, come colui che dice addio a una plaza.
Si sa che questo è il suo ultimo giro e l'anno prossimo conta di ritirarsi dopo aver dato l'alternativa a suo figlio.


La corrida trascorre come ci si aspetta da una corrida di Ceret: i tercios de varas non sono semplici formalità, ma recuperano l'importanza che devono avere per calibrare la qualità del toro. I nomi dei picadores sono annunciati nella tablilla insieme a quello del toro da combattere, e la loro uscita dal ruedo è accompagnata da applausi, fischi, persino da divisione di opinioni, tanto è l'interesse per il loro compito.

Ogni volta che si apre la porta de los sustos, degli spaventi, un mormorio di ammirazione e spesso un applauso accompagnano l'uscita del toro.
Alla fine della corrida qualcuno griderà dalle gradinate, in spagnolo, "gracias Escolar...." grazie per la bella corrida che ci hai portato.
Gli applausi maggiori, dopo Esplà, sono per il ganadero ed il suo mayoral.
Per la cronaca, David Mora ha pure tagliato un'orecchia all'ultimo.

Una bella corrida di Ceret, nemmeno una delle migliori della sua storia, ma senza dubbio emblematica di cosa rappresenta questa plaza. All'uscita tutti erano contenti, quante volte succede di questi tempi ?


(Le foto della corrida sono di François Bruschet, un omaggio al Maestro Esplà pubblicato su CyR: qua)

venerdì 18 luglio 2008

Lo studio delle origini



La feria di Ceret è didattica.
Qua il toro è materia di studio ed esame, quasi, e volendo si impara di più qua in tre giorni che in intere stagioni su gradini di arene più blasonate.

L'idea di distribuire nei tre giorni corride con tori di origini (encastes) diverse permette all'aficionado di confrontarne non solo la morfologia ma anche e soprattutto il comportamento in pista: come sono stati diversi i Prieto de la Cal del sabato e i tori di origine santacoloma della domenica mattina e pomeriggio!
Una boccata d'aria fresca, una ventata di novità in questo grigio monopolio domecq che appiattisce il 90% delle ferias.
Un bel modo per far crescere la passione e la conoscenza del toro, non c'è che dire.

Torneremo presto sull'argomento delle origini e del sangue, quel sangue che dà ai tori delle differenti ganaderias comportamenti diversi e unici dei tre atti della corrida: quello che esce come una furia e poi si spegne durante la faena de muleta, quello che inizia riservato ma poi cresce nell'ultimo tercio, quello che carica dritto come un treno, quello che si ferma a metà passo o quello che si gira immediatamente passato il panno rosso, a cercare l'uomo, quello che carica il picador e non il cavallo.
Quello che dà emozione e quello che non ne dà.

Per adesso mettiamo questa foto, che ci pare venuta bene: è un novillo di Bucaré, uscito domenica mattina, il ritratto rende bene l'idea della maestosità del toro di Céret e a Céret.


(foto Ronda - novillada di domenica 13 luglio)

giovedì 17 luglio 2008

Paseo de Céret


Il primo paseo a Céret.
Sabato 12 luglio, alle sei della sera.

Il cielo gonfio e basso, quasi a cadere sulla testa come temevano Asterix e i suoi, e i Pirenei scuri coperti dalle nuvole color cenere, a sovrastare minacciosi l'orizzonte.
L'acqua fredda che si rovescia su tutto e tutti: sulla pista coperta da uno stoico telone, sul cavallo dell'unico alguacil, sulle mantelle degli aficionados che non hanno rinunciato a sedersi sui gradini già fradici, sulla giacchetta del presidente, là in alto al suo posto.

Infine, sulle monteras dei tre toreri, che sbucano dal portone e si affacciano alla timida e opaca luce dell'arena, il volto teso.
Rafaelillo in granata e oro, Cruz in champagne e oro, Lescarret alla loro destra.
Il volto è scuro, tirato, ci sono almeno due problemi di non poco conto: uno sono i tori, l'altro è l'acqua.

I Prieto de la Cal (*), che sicuramente come tutti gli aficionados anche i tre hanno visto nei corrales, mettono paura.
Belli, sono bellissimi: ben fatti, muscolosi ma slanciati, quel colore così elegante del manto.
E soprattutto quelle corna aperte, forti, lunghe.

Bizzarri, i sentimenti di chi va alla corrida.
Per chi siede in alto quelle corna sono magnifiche, un regalo della provvidenza (o dell'Adac, per i laici), per chi cammina in basso sono invece un incubo, una maledizione, un pensiero ossessivo.
Per la Morte, forse, uno strumento.
I Prieto de la Cal sembrano delle stampe, un modello, l'archetipo del toro.
Di quel toro che fà venire l'acquolina agli aficionados e i sudori freddi agli uomini vestiti di luci.

E poi c'è l'acqua.
Che non vuole saperne di farsi da pare, vuole partecipare e farsi protagonista della giornata, che bagna la pista con insolenza e cocciuta.
Piove maledettamente forte.

I pensieri dei tre toreri, delle loro cuadrillas, del presidente e di tutti gli aficionados vanno alla stessa idea: con una pista così bagnata scivolare è più che una sfortunata probabilità, è ormai un'ineluttabile conseguenza, e trovarsi a terra di fronte ad uno di questi cornuti significherebbe, significherebbe...e qua però le fantasie di tutti si tacciono, non osano più, che la scaramanzia è compagna di ognuno, toreri, pubblico, fotografi, musicisti, areneros.

Poi a un certo punto, improvvisamente e come per segno di una precisa regia invisibile, l'aria si ferma, il pubblico resta in silenzio, Rafaelillo fa il primo passo.
E attacca la banda.
Che è una banda un pò speciale, una cobla catalana, così diversa dalle altre che siamo abituati a sentire nell'arena.
Abbarbicata là in alto sugli ultimi gradini, riparata da un esile drappo che faceva sorridere confrontato alla forza degli elementi di quel pomeriggio, seduta sulle sedie di paglia e con un contrabbasso in formazione (!).
Con un suono un pò particolare, a volte stridulo a volte struggente, molto vicino alle orchestre popolari dei nostri appennini, quelle dell'incrocio delle quattro provincie sui monti liguri-emiliani.

Attacca la banda e attacca le note scritte apposta per Céret da Pascal Comelade (*), geniale e originale musicista francese: un bolero straziante e militaresco, un incedere inesorabile e crescente di strumenti e pathos.
Lo si può ascoltare qua, in quella che poi è la versione contenuta nel suo ultimo e maiuscolo disco Methode de Rocanrol (*).

E nello svilupparsi sinuoso di quell'intreccio di note, sulla pista i toreri ad attraversare lenti e con passo pesante le poche decine di metri fino a raggiungere le assi della barrera, fino a salutare il presidente, fino a levarsi i capotes de paseo già fradici, con gesti solenni e preoccupati.
Tutto attorno lo scuro del cielo, il silenzio della gente, lo scroscìo dell'acqua.

Un momento sublime, una sospensione del tempo, una scena dantesca ed epica.
La troppe volte solo recitata tragedia della corrida condensata qui in pochi attimi perfetti, pochi gesti, in un incrocio irripetibile di elementi e cose a scolpirsi nella memoria.
Una sceneggiatura capolavoro, come fare di un paseo un'opera d'arte effimera e monumentale.

In molti e noi tra loro avremmo desiderato che la corrida, poi interrotta dopo il terzo toro, fosse spostata ad un altro giorno.
Chissà cosa avrebbero fatto quei Prieto de la Cal sotto il sole, con la sabbia a fare attrito sotto gli zoccoli.
Chissà come li avrebbero combattuti e come si sarebbero giocati la vita i tre toreri dovendosi concentrare solo sulle corna e sui muscoli e non sulle pozze d'acqua e il rischio di trovarsi per terra ad ogni scarto.
Certo, avremmo preferito.
Ma quel paseo, quei pochi istanti di perfezione e di drammaticità vera ed elettrica, sono una ricompensa grande a scacciare ogni rimpianto, a diventare da subito ricordo sublime ed indimenticabile.

Poi, solo poi, ci sono stati quei tre tori, la meraviglia ad ogni loro uscita in pista, la tensione continua, il coraggio di Rafaelillo e le potenti veroniche di Cruz, sotto il diluvio e davvero enormi, ma questa è un'altra storia, un altro tipo di storia.

Prima c'era stata la poesia.

(foto Ronda: un Prieto de la Cal superstite; foto CyR: il 28 a spingere nel cavallo)

martedì 15 luglio 2008

Ceret: le foto



Cominciamo dalle foto.
Il link qua a destra, Ceret de Toros 2008, rinvia alla galleria dellle immagini prese in questi giorni.

Rivedendole oggi, per sistemarle, ci si è resi conto che quelle all'arena non sono venute granché.
Semplice: era troppo la concentrazione su quello che stava succedendo, su quei tori così armati, muscolosi forti e agili al tempo stesso, meravigliosi, per poter anche impegnarsi con la macchina fotografica.

La corrida di Prieto de la Cal del sabato è stata impossibile fotografarla per la troppa acqua che scendeva, anche scrosciando.
Di quella rimangono nella mente le immagini di quei jaboneros (sapone di Marsiglia, via...), furiosi al loro ingresso in pista, e di quei toreri davvero coraggiosi ad affrontarli con un terreno in quelle condizioni, così scivoloso.

Gli altri tori sono i magnifici e impressionantiBucaré della novillada della domenica mattina, davvero da ricordare per la completezza e l'emozione, e gli Hernandez Plà della corrida del pomeriggio: stupendi come presentazione, ma da dimenticare come comportamento.

Poi qualche foto della festa e del paese, un pò didascaliche certamente ma così... tantoper completare il servizio e sfuggire alla monotonia.

Féria eccezionale per tutto quello che è successo nell'arena e per le strade, nelle bodegas la notte e gironzolando al mattino.
Da rifare, l'anno prossimo.


(foto Ronda - il taccuino di Lilian, amico e aficionado di Nimes)

lunedì 14 luglio 2008

Sotto il segno del Toro


Con la t maiuscola, che i tori di Céret lo meritano.

Nei prossimi giorni qualche foto e qualche riga sulla féria, sulle corride, sul clima di incredibile aficion che si respira all'arena, e su tutto il resto.

E anche certamente sulle serate e i momenti con gli amici, italiani del nord e francesi del sud, grazie ai quali tutto è stato ancora più bello.

(foto Ronda - tori di Hernandez Plà per la corrida di domenica 13 a Céret)

venerdì 11 luglio 2008

giovedì 10 luglio 2008

Sono ancora vivo


Lettore del blog fin dalla prima ora, panettiere, amante della buona cucina e non indifferente al fascino del vino, appassionato alla fiesta.
E' il ritratto in bignami di Pietro, simpatico aficionado piemontese a cui si devono le righe qua sotto.
Pietro è stato a Pamplona per San Fermin, Pietro ha deciso di scendere per strada e correre davanti e dietro ai tori, Pietro ha visto poi quei tori al pomeriggio nell'arena, Pietro sogna di tornare un giorno, di nuovo, nella città navarra. Chissà che non ci farà da guida.

"Molte volte mi sono chiesto per quale motivo ero affascinato da questa festa che si svolge al nord-est della Spagna, molte volte mi sono chiesto per quale motivo mi incollavo al televisore ogni 7 luglio quando scorrevano le immagini del primo encierro, molte volte mi sono chiesto cosa mi ha spinto a buttarmi in mezzo a migliaia di pazzi inseguiti da 6 tori, bestioni da 500 Kg e corna affilatissime, e alla fine la risposta è sempre la stessa: in realtà non lo so…

Ho corso due encierro.

Il primo nel 2005, dopo una notte insonne e con moltissima birra in corpo, partendo all’inizio della corsa.
Mi recai alle 7 lungo il persorso, e cosa più mi colpì fu la calma elettrizzante che si respirava, quasi tutti leggevano il giornale che poco dopo avrebbero arrotolato e usato come frusta per spingere i tori verso l’arena.
Poi, pian piano che si avvicinava l’ora X, la gente iniziava a prepararsi: chi pregando in solitario, chi invocando il santo, chi facendo ginnastica.
All’improvviso uno scoppio: i tori erano partiti, e con loro nella via l’adrenalina saliva a livelli da infarto.
La gente iniziava a correre da tutte le parti, ma molti aspettavano, i veri sanfermines sapevano che i tori erano ancora a un centinaio di metri.
I corridori aumentavano, e all’improvviso un’ondata di gente accompagnava i loro “protetti”alla plaza.
Allora via, corro.
Giusto per qualche decina di metri, fino alla plaza dell’ayuntamento dove capisco che i tori sono a portata di corna, quindi scatto di lato e come mi giro vedo le schiene delle bestie già lontane, allora riprendo a correre, e all’Estafeta trovo un tappo di persone, perché ci hanno fermato? chi ci ha fermato? nessuno, semplicemente un toro è a terra a non più di due metri da me, si rialza poi tutti ripartono, e allora di nuovo via verso la fine, quando ad un certo punto un’altra ondata spinge da dietro a metà Estafeta, ma subito notiamo che sono semplicemente due buoi rimasti affaticati indietro.
Arrivato alla plaza de toros la porta era già chiusa e i tori già dentro al corral,quindi me ne vado eccitato a dormire.
Cazzo, il cuore batte a mille per ore, ma quanto è durato??10 minuti?
E i cabestros distanziati a quanto erano, a 300 metri di distanza dai tori??
Assolutamente no, l’encierro è stato molto veloce, meno di tre minuti e i buoi, dalle immagini tv, non erano a più di 30 metri dalla testa della corsa.


E’ questo ciò che rende l’encierro irripetibile, ti distorce la normale concezione del tempo e dello spazio, è una botta di adrenalina che ti eccita a dismisura, un orgasmo indimenticabile.

Nel 2007 voglio ripetere l’encierro, diciamo terminando quello di due anni prima quindi mi piazzo alla fine dell’Estafeta e quando scoppia il razzo aspetto, aspetto, aspetto fino a quando capisco che i tori sono su quella via, quindi parto verao la plaza, mi infilo dentro e mi butto sulla destra e poco dopo, mentre corro verso la barrera, entrano i tori e si infilano nei corral, la gente si abbraccia felice, ma i conti non tornano: i tori erano meno di sei, e pian piano tutti ce ne rendiamo conto.
La porta della plaza che da verso l’Estafeta rimane aperta e il tempo passa.
Ma cosa diavolo è successo??
Poi,all’improvviso decine di poliziotti e di paramedici si fiondano verso l’esterno proprio da quella porta, da dove potrebbero sbucare i tori mancanti.
Dopo un’infinità di secondi ecco spuntare il toro mancante all’appello.

Tornando all’albergo passo per l’Estafeta, e sembra uno scenario di guerra: molte ambulanze lungo la via, decine di medici e infermieri, sangue dappertutto, e addirittura la porta di un palazzo sfondata da un toro di Domecq.

Il giorno dopo si conteranno 2 feriti gravissimi ma per fortuna nessun morto, allora mi chiedo: ma ne vale veramente la pena? non avranno ragione quelli che mi dicono che non mi frega niente della vita se la metto a repentaglio per così poco?
Forse è vero il contrario, che è proprio perché amo la vita che voglio viverla fino in fondo, voglio correre con la morte accanto per sentirmi ancora vivo, voglio vedere la morte infilarsi nel retro dell’arena per poter dire: si,s ono ancora vivo.

Pamplona non è solo l’encierro, questo è certo, ma correre l’encierro lascia un qualcosa di indissolubile dentro di te che ti legherà per sempre a questa città, a questa festa, a questa gente e soprattutto a quei tori…"

note: il primo encierro a cui si fa riferimento è quello di Cebada Gago, dell'8 luglio 2005: pezzo sul Diario di Navarra; il secondo è quello di Marques Domecq, 12 luglio 2007: video dell'encierro, video dei feriti, pezzo su El Pais, cronaca e foto su San Fermin

(foto dell'encierro, drammatico ma fortunatamente non tragico, di Marques de Domecq del 12 luglio 2007)

mercoledì 9 luglio 2008

Istruzioni per l'uso




Se non si è a Pamplona o non si dispone della parabola:

- svegliarsi per tempo

- colazione

- connettersi al sito de la Cuatro non dopo le 7 e 45, a questa pagina

- ambientarsi guardando le immagini dei corridori che invocano San Fermin

- alle 8 in punto godersi l'encierro in diretta

- non confondere i buoi (chiari e placidi) con i tori (neri e pericolosi), o i pastori (maglia verde) con i corridori (tendenzialmente biancorossi)

- alle 8.04, più o meno, vestirsi per andare al lavoro e pensare intensamente: l'anno prossimo sarò là

Stamattina con i Fuente Yimbro encierro piuttosto veloce , con momenti di preoccupazione (più che altro sua) per un pastore, che poi però ha ripreso il lavoro come niente fosse.

martedì 8 luglio 2008

Per correre


Rue Gay-Lussac, nel cuore del Quartiere Latino, Parigi.
Qui Pedro Meca e i suoi compagni hanno aperto un centro, un luogo di scambio, un luogo di accoglienza, dove le persone si guardano e si ascoltano, senza etichette.
Dalla metà degli anni ottanta Pedro Meca, prete domenicano, batte le strade del quartiere, la notte, per inconrtare gli emarginati, per parlare e ascoltare le loro storie, invitarli.
Ma da sempre ogni anno, verso i primi di luglio, se ne va a Pamplona per ritrovare gli amici di sempre e correre l'encierro davanti ai tori.

"La mia storia è profondamente segnata dalla guerra civile spagnola, innanzitutto perchè mi ha rubato tutta la famiglia, e poi perché ha determinato tutto il mio impegno. Mio padre è stato ucciso nel '36 e mia mamma un anno dopo è dovuta fuggire in Francia e lasciarmi nel nostro paese, alle porte di Pamplona. Là vivevano i miei nonni, che però non hanno voluto occuparsi di me. E' stata una donna, che mi assisteva quando mia mamma lavorava, che si è presa cura di me. Era molto povera, la vita molto dura, e siamo stati obbligati a molti sacrifici. Ho capito da subito cosa sono l'ingiustizia e la grandezza d'animo".

"Durante la San Fermin con la mia tutrice partivamo tutte le mattine alle sei, percorrevamo i quattro chilometri che ci separavano dalla città, e ci sbrigavamo ad entrare all'arena per asisstere all'arrivo dell'encierro".

"Poi ho ricevuto una specie di segnale da un mio zio. Era un grande corridore di encierro, conosciuto in tutta la città. L'anno del mio tredicesimo compleanno lui ha deciso di smettere di correre, allora mi ha portato sulla strada, in alto alla salita dell'Ayuntamiento, all'inizio del percorso. Siamo scesi nella via, ci siamo incollati ai muri, immobili, senza parlare. Abbiamo aspettato che i tori passassero davanti a noi, sfiorandoci. E ce ne siamo andati. Non mi ha detto una parola, ma ho sentito che mi trasmetteva qualcosa. L'anno dopo mi sono trovato in mezzo alla strada, da solo in mezzo ai corridori. E sono partito per il mio primo encierro".

"Avevo fatto i miei studi dai domenicani, in Spagna. Ero molto coinvolto dalla fede, e alla fine sono stato ordinato prete nel '62, a Tolosa. Ma la prima messa cantata sono andato a dirla a Villava, il mio paese natale, due anni dopo. Il giorno dopo, ovviamente, ho corso l'encierro. Fu uno scandalo, perché un prete non deve correre l'encierro".

"L'anno successivo mi sono trasferito a Madrid. A un certo punto ho cominciato a militare contro il regime franchista. E' così che ho incontrato Domingo Dominguin, il fratello di Luis Miguel il grande torero, che faceva parte, ovviamente clandestinamente, del partito comunista. "

"Ero un militante conosciuto, e ho dovuto rifugiarmi in Francia. Non potevo ritornare al mio paese. Curiosamente, in questo duro esilio, quello che mi mancava di più era l'encierro. Mi ero stabilito a Parigi e ogni 6 luglio, il giorno dell'inizio di San Fermin, ci riunivamo in un pò per cercare di affrontare questa nostalgia terribile che ci attanagliava. Ci mettevamo il foulard rosso al collo, facevamo suonare un disco con le musiche della feria e bevevamo come delle spugne. Il foulard rosso lo tenevamo, come si fà là, per tutta la durata della festa."

"Quando Franco è morto non ho potuto rientrare subito. Ma l'anno dopo, malgrado i rischi, non ho potuto resistere. Sono tornato di nascosto, e ho corso l'encierro da clandestino. E' stato un momento straordinario. Al mattino alle otto sono andato nel posto in cui, prima, ogni volta mi preparavo. Ho ritrovato i ragazzi con cui avevo corso per tanti anni, e che non vedevo più da tanto tempo. Mi hanno riconosciuto, ma non è successo niente, neanche una parola. Nel momento in cui ci siamo chinati per allacciare le nostre scarpe un'ultima volta, che è pure un modo per vincere la paura, uno di loro si è girato verso di me, mi ha sorriso, e ha sussurrato: ciao. Abbiamo fatto l'encierro e dopo, solo dopo, abbiamo cominciato a parlare."

"E' difficile da spiegare. Ci si ritrova per dieci giorni, tutte le mattine alle otto, anche se non si ha dormito durante la notte. E poi tutto d'un colpo c'è questo vento, il rumore degli zoccoli, questa presenza folle e nera che è dietro di te per degli interminabili secondi, quando prendi la velocità della bestia. E questo toro, che morirà nell'arena nel pomeriggio, sarò rimpiazzato domani da un altro, così simile e così diverso."


"Il momento dell'encierro è una tale confusione pagana...! Il toro è al tempo stesso questa forza incredibile, la vita, il seme, il sole che sorge e la notte che si combatte. La morte che vedi passare. E' un'incredibile confusione, e le cose che si condividono sono così contradditorie... Con i miei compagni di encierro facciamo di tutto. Io prego. Perlomeno, provo a pregare. In realtà non sono molto bravo, a pregare..."



- brani tratti da Historie de courir: entretien avec Pedro Meca, pubblicato sul numero 3 di Faenas, ed. Verdier -

(foto prese da sanfermin.com e lefigaro.fr)

domenica 6 luglio 2008

Txupinazo



Come ogni 6 luglio, a Pamplona.

A chi è che non viene voglia di andare?


venerdì 4 luglio 2008

Ya falta menos...




L'amico Laurent ha messo su Campos y Ruedos le foto che è andato a scattare ai corrales del Gas, dove i tori di Pamplona soggiornano prima di essere combattuti durante la San Fermin.

Come al solito, le sue immagini valgono una pausa per la visita: qua.

giovedì 3 luglio 2008

Dimentica di avere un corpo



Da qua.

mercoledì 2 luglio 2008

San Fermin


A Pamplona hemos de ir con una media,
con una media y un calcetin

A Pamplona hemos de ir
con una media y un calcetín.


Manca pochissimo allo scoppio del razzo che annuncia l'inizio della festa di San Fermin, a Pamplona.
Quella celebrata in Fiesta da Hemingway: "la festa esplose a mezzogiorno di domenica 6 luglio. Non c'è altro modo di descrivere ciò che avvenne".
Quella dell'encierro più famoso del mondo, che ogni mattina alle 8 porta dai corrales alla plaza i tori che saranno combattuti nel pomeriggio, e davanti a loro migliaia di intrepidi biancorosso vestiti, ad accompagnarli sfidando la sorte.
E' trasmesso ogni mattina in diretta sulla rete nazionale, l'encierro.
Quella che è la madre di tutte le feste.

San Fermin è la settimana più folle di Spagna: 8 giorni di delirio alcoolico, di confusione e identificazione tra notte e dì, eccessi, bagordi, musica, spettacoli, tradizioni.
E di tori ovviamente, che le corride di Pamplona sono famose per la loro serietà: con le corna non si scherza, e all'arena escono tori forti e duri.
Qua fanno bene anche i manifesti (*), per dire.



La letteratura e l'aneddotica sono tanto vaste che anche solo farne una selezione è impresa ardua.
Per il momento rimandiamo alla pagina italiana di Wikipedia (*), una buona porta per il primo accesso.

Ma per seguire nei prossimi giorni lo sviluppo della festa, per vedere le meravigliose foto (*) degli anni passati, per i video degli encierro e per gli altri filmati sulla tv online niente di meglio che collegarsi da subito a SanFermin.com e tenerlo come punto di riferimento fino alla fine della feria.
Proprio su Sanfermin.tv (*) l'anno scorso vennero trasmesse le puntate di una sorta di fiction (The moon also rise) ambientata durante la feria: le prime erano ben fatte, vale la pena prendersi qualche minuto e godersele.

Il 6 luglio il botto del txupinazo darà il via alla festa: viva San Fermin, gora San Fermin!







(foto di Alvaro Barrientos e Ochoa de Olza, prese dal sito di SanFermin.com)

martedì 1 luglio 2008

Un pugno di fango


"Da Mendez y Pelayo a Hemingway, da Guerrita a Cossio, tutti hanno scritto che la corrida è una tragedia. Ed è veramente così.
Senza la maledizione e la fatalità sofoclee, senza l'orrore shakspeariano, la coorida è una antica tragedia in costume, con coro, ed un suo particolare apparato coreografico ed un'infinità di povere neccessità materiali; attrezzi, costumi, palcoscenico, quinte.
I burladeros ove il torero messo in crisi durante la lotta si nasconde burlando il toro, sono le quinte della plaza.
Poi ci vogliono le cappe, le muletas (drappi rossi più piccoli delle cappe coi quali si lotta con il toro nella fase che precede l'uccisione), le picche, le spade, le banderiglie, i pugnali per il colpo di grazia, e la mezzaluna e il descabeglio; son tutte armi micidiali che ci vogliono per la corrida.

Forse anche per questo la corrida diverte, ma non fa mai ridere, mai.
Alla corrida si freme e si trema.
Tutti avrebbero una voglia pazza di ridere: basta una sciocchezza, basta che un banderigliero perda correndo una scarpetta che il pubblico si mette a ridere.
Però questo è un fatto nervoso; è una reazione nervosa.
Durante la giostra il torero non ride mai. Manolete era paurosamente serio.
Al pubblico non piace il torero che ride, e se fu tollerato il sorridente Bombita gli è che il suo sorriso era veramente eccezionale.
Anche quando il toro sta per crollare vinto ed al matadore si fanno intorno gli uomini della quadriglia per accelerare con le cappe agitate lo stordimento e la caduta della bestia; anche quando il toro si inginocchia, si rovescia e dà l'ultima annaspata con le gambe rivolte al cielo, il torero non ride.
S'agita, vibra, impallidisce, tutt'al più sorride, ma non ride mai.
Diventa arrogante, apre il petto, irrigidisce il collo, spalanca le gambe, ma non ride.
Agita le braccia come per non far avvicinare altra gente, vuol restare solo col suo morto, e sembra che pianga.
Se infine sorride al trionfo, è un esaltato dionisiaco sorriso che gli sporca la faccia come un pugno di fango."

- brano liberamente tratto da Volapié di Max David, ed. Bietti -

(immagini di quadri di Alain Lagorce, pittore e aficionado parigino)